domenica 16 dicembre 2007

Melbourne

Oggi siamo stati a Melbourne. Ci siamo alzati alle 5 (fuso orario, non buona volontà) ed alle 7.30 eravamo fuori casa. Ci è andata piuttosto bene perché abbiamo preso al volo il bus della McHarry’s per Geelong ed a Geelong il treno (piuttosto pieno) della V-Line. Entrambi i servizi spartani ma efficienti.
Già dalla stazione di Southern Cross ci rendiamo conto che la visita si preannuncia interessante: il tetto della stazione ha delle geometrie che sembrano essere uscite da un quadro di Escher ed alle quali le foto non rendono giustizia.


Prima tappa: l’ufficio informazioni. La signora si rende subito conto che siamo stranieri e sfoggia un inglese lento e da manuale scolastico. Per la prima volta da quando siamo arrivati, riusciamo a capire tutto alla prima.
Tira fuori una cartina, si informa in merito a quanto stiamo, e ci da tutti i consigli che possono essere dati ad un turista da un giorno: il quartiere commerciale, il quartiere cinese, il bus turistico gratuito, il tram circolare. Poi le dico che vorrei noleggiare un auto. Lei si informa riguardo a cosa mi serve e comincia a contattare i noleggiatori, spiegando per filo e per segno cosa io ho detto a lei.
Qui la cortesia ha un retrogusto orientale: la signora telefona, dall’altro capo le rispondono, si informano su come sta, lei fa altrettanto e poi iniziano a parlare del motivo della telefonata (vedi l’egiziano Hamal in "Lezioni di cioccolato").
Alla terza telefonata, si scopre che la Hertz ha una macchina disponibile (si avvicina Natale ed il mondo sta noleggiando automobili). Mi viene passata la signorina e mi metto d’accordo sui dettagli.
Usciamo dalla stazione ed iniziamo a girare per Melbourne. La cartina viene assegnata a me (tanto Ale ce l’ha già stampata in testa). Al primo incrocio Ale e Santi mi costringono ad alzare gli occhi dalla cartina. Un palazzo in stile primi del novecento campeggia davanti a noi. Alzando ancora di più gli occhi vengo travolto dalla vista di due immensi grattacieli che incombono sulla città. Scoprirò poi che da lì se ne vedevano solo due, ma ce ne sono molti, molti di più.
La città ci ricorda Francoforte: edifici antichi ed edifici nuovissimi gli uni accanto agli altri. Melbourne è però più grande e più viva della città tedesca.
Iniziamo a girare come trottole: Flinders Street, Elizabeth Street, entriamo in centri commerciali che attraversano interi isolati (stile Rinascente) e sbucano nella strada accanto o addirittura, quando non basta un isolato, hanno una galleria sulla strada che li collega all’altro isolato (eh… ci voleva la Ludo). Ad un certo punto arriviamo ad una stradina incredibilmente stretta che separa due centri commerciali e che ospita il 30% dei caffè di tutta la città. Sembra di essere entrati in un suk arabo fatto solo di caffetterie: tavolini di bistrò parigini o di caffé italiani che prendono quasi tutta la strada (ecco perché è tanto stretta), camerieri che quasi ti prendono per mano per invitarti nel locale, ma sempre rispettando la tua privacy e la tua ritrosia. Alla fine della strada, oltre il "Caffè Duomo", c’è una galleria con il tetto a vetri, tipo quella in piazza Duomo a Milano. Vi sembrerà incredibile, ma non era brutto.
Ancora in giro e sbuchiamo in Federation Square. Non credete a niente di ciò che vi possono dire. E’ fantastica.
Dal lato della stazione sono in un disegno di fine ottocento, giro la testa e mi trovo nuovamente in un disegno di Escher. Edifici dalle forme improbabili, dalle geometrie indefinibili, dai colori sgargianti e tenui nello stesso momento. Su uno degli edifici che guarda la piazza principale, un Calendario dell’Avvento grande quanto tutto l’edificio. Si tratta di un enorme telo, fissato non si sa come all’edificio, sul quale sono dipinti dei riquadri con i numeri dei giorni del mese. Ogni giorno un riquadro si trasforma in una buffa figurina. Come facciano non lo so. Forse chiamano gli elfi di Babbo Natale.
Ah, tra l’altro in piazza ci sono gli angeli per un qualche evento di beneficenza ed intorno tutti i bambini che li guardano estasiati (beh, devo dire che anche Santi…)
Da una scala nella piazza si arriva al fiume e, attraverso il ponte, ai giardini del Re e della Regina. Però è tardi e decidiamo di andare a pranzo. Oggi si fa qualcosa di diverso: Chinatown.
Arrivati a Chinatown siamo sommersi da odori e colori e non riusciamo a decidere. Entriamo a caso e capitiamo in un ristorante nel quale il menù è composto da camerieri che ti passano davanti con il carrello e ti chiedono se vuoi questo o quello.
Mangiamo molto, spendiamo poco ma, tutto sommato, non siamo soddisfatti. Forse era meglio un bel kebab o una bisteccona australiana.
Già che ci siamo, facciamo un salto alla Hertz per verificare di non aver fatto errori nella prenotazione. E’ tutto a posto, ma iniziamo ad essere stanchi. Gianni ha un’idea fantastica e dice "Vi guido io" e gli altri lo seguono (si sa, la stanchezza gioca brutti scherzi). Insomma: si va a prendere l’Autobus Turistico, però manchiamo la fermata di un buon mezzo km e ce ne accorgiamo solo quando il bus è in arrivo. Una corsa e… oplà… per la stazione.
Ci facciamo un mezzo giro della città, giusto per tirare il fiato e verificare di aver visto tutto e scendiamo all’Altare della Rimembranza. Come credo si sia capito, la città è un coacervo di stili. Questo lo hanno fatto come il Mausoleo di Alicarnasso (de gustibus). L’interno dell’altare, invece è emozionante: un museo multimediale nel quale si raccontano le storie degli uomini e donne che hanno dato la vita nelle due guerre mondiali. Audiovisivi ed immagini che fanno commuovere (ed io non sono australiano).
Usciamo e ci infiliamo nel giardino botanico. Troppe mosche, veniamo via quasi subito. Poi di nuovo sul bus. Facciamo un altro mezzo giro della città e torniamo alla Hertz a prendere la macchina. Alla reception sono gentilissimi: prima ci fanno il terzo grado su dove andiamo ora e dove andremo nei prossimi giorni, poi ci spiegano come uscire dalla città ed arrivare a Barwon Heads e poi ci riempiono di mappe e depliant della Great Ocean Road. Infine ci spiegano come arrivare all’aeroporto quando ce ne andremo.
Andiamo a prendere la macchina: ci danno una Toyota Camry rossa. Ci staremmo comodi in 5 con cinque trolley. Mi avevano detto: classe intermediate. A Firenze, con la stessa classe, mi avevano dato una Fiat Idea. Ci si stava stretti in due con una valigia. Altra classe gli australiani. Ah, tra parentesi, qui ho speso meno di metà di quanto ho speso in Italia (fatte le dovute proporzioni per il tempo di noleggio).
Il signore del garage si preoccupa: avete mai guidato una macchina con cambio automatico? Sì, perché? Ah, gli italiani hanno sempre problemi con il cambio automatico.
Beh, in fondo siamo un popolo di poeti, santi e navigatori, mica di autisti. Altrimenti la Ferrari non la faremmo mica guidare a tedeschi e brasiliani.
Comunque guidare in Australia è facile: dappertutto ci sono i cartelli che dicono Tenete la sinistra e In Australia si guida a sinistra e così via. Pensavo: ma se guidavano normale, quanto risparmiavano in cartelli stradali?
Qui tutti rispettano i limiti di velocità e mi sono adeguato: li rispetto anche io. Beh, anche in Italia, a volte. Sta di fatto che arriviamo a Barwon Heads sani e salvi. Tutto bene per fortuna. Cena e nanna, domani ci aspetta la great ocean road.

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