giovedì 10 gennaio 2008

Ultimo giorno

Ebbene sì, cari amici. Oggi è il nostro ultimo giorno a Sydney e lo dedichiamo a pulire ciò che abbiamo sporcato ed a rifare i bagagli (e meno male che c’è Ale che compatta…).

Alle 16.45 abbiamo il volo dal terminal internazionale dell’Aeroporto di Sydney. Scalo a Bangkok e via a Roma dove, se non ci sono ritardi, arriveremo alle 05.55 del giorno 11. Se riusciamo a farci tutto il secondo volo dormendo, siamo a posto anche con il jet-lag.

Naturalmente il blog non finisce qui. Abbiamo ancora foto e filmati da mettere. Tornate a trovarci alla fine di gennaio per ulteriori novità (prima no perché Santi ha esami, Gianni si deve dar da fare con il nuovo lavoro ed Ale deve capire cosa fare).

martedì 8 gennaio 2008

Manly e… ancora Sydney

Ieri siamo stati a Manly, spiaggia a nord di Sydney, che tutti ci hanno detto essere meglio rispetto a Bondi, spiaggia a sud.

Quindi ferry boat e via. Scoop: il nostro fantastico abbonamento vale anche per andare a Manly, che è praticamente all’altra estremità della baia.

Due parole sulla baia di Sydney. Non è veramente una baia, ma piuttosto l’immenso estuario del Paramatta. È in comunicazione con l’oceano e quindi l’acqua è ovviamente salata, ma ha acque molto tranquille.

Il battello ci impiega circa 30 minuti ad arrivare e nel viaggio facciamo qualche foto. Incrociamo perfino dei delfini che ci accompagnano per un po’. Loro sono troppo veloci per riuscire a fare foto, però sono bellissimi.

Il tempo non è un gran che. Pazienza.

Il nostro obiettivo qui è la Manly Scenic Walkway, camminata da 9 km lungo la baia. In realtà sono 10 km e, come ci avevano detto all’inizio, il percorso non è facilissimo (saliscendi, zone con sassi sabbiosi e quindi molto scivolosi, scale ripidissime) però ciò che vediamo merita sicuramente la camminata. Ogni promontorio delimita una baia più piccola, con acque limpidissime (al molo di Manly, l’acqua non era precisamente pulita) e rocce scavate dall’acqua nei secoli. Uno spettacolo indimenticabile.

Arrivati verso la fine, il sentiero si unisce alla spiaggia e Gianni decide per un bagno (c’è anche un ragazzino che fa snorkelling). L’acqua non è caldissima, ma nemmeno fredda (quindi per Gianni è calda).

Riprendiamo a camminare ed arriviamo distrutti a Spit Point, dove un autobus di linea ci riporta a Manly.

Abbiamo adocchiato una pubblicità di un ristorante molto interessante, sfogliando un depliant: il Ribs’n’Rumps ed andiamo a dare un’occhiata.

E’ praticamente il paradiso del grigliato. Il piatto più scenografico sono Ribs’n’Chips: un chilo di costolette in un unico pezzo (praticamente lo sterno di un maiale o di un agnello, a seconda di cosa scegliete) su un cumulo di patatine fritte (in totale saranno un paio di chili di roba).

Noi scegliamo delle semplici bistecche, che ti cuociono un po’ come ti pare: da blue (praticamente cruda) a well done (più che ben cotta, ma sul menù avvertono che lo fanno a malincuore). Gianni va sul blue, gli altri si tengono su un grado intermedio. La carne è tenerissima ed il prezzo è sensato. Se passate da queste parti si trova a Manly, lato spiaggia oceanica.

Naturalmente ieri il tempo era troppo brutto per farsi il bagno nell’oceano e ci sono i surfisti sulla spiaggia con tavola e lacrimuccia, in attesa che le onde tornino decenti.
Oggi siamo partiti per andare al fantastico Rusty Market. Dove hanno cianfrusaglie di ogni tipo. Vogliamo vedere se ci compriamo un ricordino. A Gianni viene un dubbio: “Ma è aperto oggi?” Ed Ale: “Ovvio che sì, è aperto da giovedì a domenica”. Ok, allora possiamo andare.

Il mercatino non è come ce lo aspettiamo. Saremo nel posto giusto? Sì, tutto ok. Peccato che oggi sia mercoledì… nooooo…

Giretto per Chinatown (niente di speciale), poi giro della città sulla monorotaia (ancora meno speciale), poi via al Durlinghurst, cuore della vita di Sydney (forse di sera, ma di giorno non c’è veramente niente).

Ok. Questa giornata non è andata come pensavamo. Girelliamo ancora un po’ per la città nel pomeriggio e poi via a casa.

lunedì 7 gennaio 2008

Bighellonando per Sydney

Dopo quasi un mese di vacanza, cominciamo ad essere stanchi e non abbiamo più quella verve dei primi giorni.
Oggi abbiamo fatto poco e niente ed abbiamo passato il tempo a bighellonare per Sydney. La mattina è iniziata nuvolosa ed è diventata un fantastico giorno di sole. Gianni ha cominciato la giornata di un bel colore rosa porcellino ed è diventato una lampadina da camera oscura dei fotografi.
Al risveglio, troviamo che l’albero davanti casa è pieno di cacatua. Non ne avevamo mai visti tanti. Pare che qualcuno gli abbia dato da mangiare e quindi si sono radunati.

Mattina tranquilla in Macquarie Street. Partiamo con una visita alla cattedrale di St. Mary. Fuori c’è il presepe, uno dei pochi che abbiamo visto. La chiesa è cattolica, si capisce anche dalla fotona di Papa Ratzinger che pubblicizza la giornata della gioventù (tra 180 giorni a Sydney, o giù di lì). Entriamo da una porta laterale e… la Pietà di Michelangelo (quella di San Pietro). Come imitazione rende l’idea (nel senso che fa proprio pietà). Va beh…
Il resto della chiesa è bello. Stile neo-gotico (qui son troppo giovani per il gotico vero).
All’inizio della strada troviamo il Mint Building, oggi sede di un distaccamento della zecca di stato. In realtà quello che interessa a noi è il Mint Cafè. Incredibile: il caffè è veramente buono. Di solito è uno sbobbone anche il ristretto. Qui invece sa proprio di caffè forte (sempre un po’ più amaro del nostro, ma dopo un mese di sbobba ci accontentiamo).
Andando avanti troviamo un chiosco e dedichiamo questa foto a Quella che non è venuta.

Ebbene sì, questo non è un fotomontaggio: in Australia fanno il cornetto al KitKat, con tanto di KitKat infilato nel gelato (come direbbe Obelix: “Sono Pazzi Questi Australiani”).
Fatti altri 100 metri: la Statua del Porcellino.
Epperò basta: prima la City, poi Hide Park, poi La pietà, ora Il porcellino. Questa Sydney mi pare che stia copiando un po’ troppe cose. Pare che questa copia sia stata donata da una marchesa fiorentina. Una targa recita che porta bene strofinare il muso della statua e gettare una moneta (che vengono utilizzate per l’ospedale e quindi almeno il fine è benefico).
Prossima tappa, il Parliament House. Entriamo, ci controllano al metal detector e non ci chiedono neanche un documento. Veniamo lasciati liberi di girare e di fotografare. Ci uniamo perfino ad una pseudo-visita guidata e la signora che fa da guida spiega anche a noi.
Questo edificio, come il Mint Building erano nati come ali del Rum Hospital, ospedale costruito da una compagnia commerciale in cambio del monopolio sul commercio del rum. Gli interni sono prefabbricati: la signora apre uno sportello nella parete e… la struttura precedente (1816) è anch’essa prefabbricata con elementi in ferro e legno. Il legno è preso da casse per imballaggio, così da evitare ulteriori disboscamenti.
Finiamo Macquarie Street e ci infiliamo nei Royal Botanic Garden. Sono dei giardini fantastici e perfettamente curati. Un cartello invita a calpestare le aiuole, sedersi sui prati, fare pic-nic, poiché vogliono che il giardino sia vissuto come lo sarebbe un giardino lasciato libero.
Ci adeguiamo: io e Ale ci togliamo i sandali e via… a piedi nudi sull’erba. Ale ovviamente continua a cercare nuove prospettive per fotografare l’Harbour Bridge (il ponte sulla baia) e l’Opera House.
Ed in effetti qui, come giri un angolo, ti si offrono paesaggi sempre nuovi. Anche per questo è bello bighellonare per Sydney.
Il giardino è pieno di gente: chi dorme al sole, chi legge, chi disegna, chi corre o passeggia. Eppure il posto è tanto grande che si possono fare foto senza che si avvisti anima viva.
Alla fine del giardino c’è l’Opera House.
E’ tardi, andiamo a mangiare nel posto gremito dell’altro giorno sotto un centro commerciale che non è il Queen Victoria Building come io avevo creduto, ma è un altro, collegato per via sotterranea (gli australiani cominciano a spaventarmi).
Santi, memore di ieri, trova un chiosco e gli spiega per filo e per segno cosa vuole. La ragazza chiede: “Ci vuole insieme riso o noodle?”. “Né l’uno né l’altro” rispondiamo noi. Faccia perplessa. Forse non è previsto non mangiare riso o noodle in accompagnamento ad un piatto ma il cliente ha sempre ragione e Santi ottiene il suo piatto di pesce misto.
Alessandra e Gianni, ancora in crisi dal pranzo del giorno prima prendono un assaggio di Sushi in due e ripiegano verso un chiosco super-sano: yogurt e frutta per Ale, smoothy (frullato ghiacciato) di mango, ananas e blueberry (credo mirtilli, ma non ho certezza, qui hanno 27 tipi di berry diversi) per Gianni.
Dopo pranzo visitiamo il più bel negozio di modellistica che abbiamo mai visto. Ci sono modellini da costruire di ogni tipo e dimensione. Scatole di Meccano enormi e di Lego Technics da favola a 50 AUD (meno di 40 euro). Peccato non avere figli piccoli…
Vogliamo tornare a casa presto, quindi andiamo al supermercato che ci hanno detto essere vicino casa (che ancora non avevamo visitato) per fare la spesa.
Parliamo del concetto di vicino per un australiano: visto che tra due città ci sono in media 1000 km, forse ci dovevamo aspettare che il supermercato non fosse dietro l’angolo. Ci vogliono 20 minuti di autobus per arrivarci.
Dopo 10 minuti di cammino dal capolinea arriviamo ad un centro commerciale. Il supermercato, ci dicono, è al livello 2, scendendo.
Il livello della strada è infatti il livello 4 del centro commerciale. Ormai siamo qui, diamo un’occhiata. Giriamo per mezz’ora tra i negozi, senza vedere la fine di questo sterminato edificio. Saliamo al piano superiore, poi ancora a quello di sopra. Siamo al livello 6 e c’è ancora un altro piano. Non ce la possiamo fare.
Ce ne torniamo fino al piano 2 ed andiamo a fare la spesa.
Una curiosità, ad ogni piano c’è almeno un parrucchiere ed un paio di centri per manicure.
Tornati a casa, Ale decide di fare merenda (perché in tutto questo si son fatte le 17.30). Si tosta una fetta del pane strano che hanno qua e si mette a guardare dal vetro della finestra. In un attimo il davanzale si riempie di cacatua.
Decidiamo di dare un pezzo di pane anche a loro. Prendono il pane ma non rimangono soddisfatti. Forse dovevamo bagnarlo in acqua e miele come faceva Julie.
E domani… A Manly… Son tre giorni che lo diciamo. Speriamo sia la volta buona.

domenica 6 gennaio 2008

La befana da bambini…

Oggi ci siamo concessi una giornata da bambini: mattina all’acquario e pomeriggio al cinema. A pranzo però abbiamo sgrifato come dieci adulti.
Ma andiamo con ordine: stamani era brutto tempo quindi l’acquario andava bene. Tutti dicono sia uno dei più grandi del mondo ma secondo noi è sopravvalutato. Siamo in tre e a tutti e tre sembra che quello di Genova sia più grande. Forse questo è più popolato (un maggior numero di specie), ma va detto che qui siamo in una nazione/continente che si estende dai tropici alle zone temperate, per cui la biodiversità è sicuramente maggiore. E’ notevole il fatto che alcuni pesci siano in vasche oceaniche e visibili solo dai tunnel di passaggio tra le vasche.
Comunque, per prima cosa incontriamo l’animale più strano del mondo: l’ornitorinco (che qui chiamano platypus, ma forse questo l’ho già detto).

E’ anche lui un mammifero dei monotremi (fa le uova e allatta), è velenoso (incredibile, lo so, ma è così: ha dei pungiglioni velenosi sulle zampe posteriori), passa la maggior parte del suo tempo a costruirsi la tana e ad abitarla e nuota solo per cacciare. A vederlo sembra un incrocio tra un papero e un castoro.
Questo animale è sacro per gli aborigeni e non viene cacciato. E ora vi tocca la leggenda… (la metto in blu, così potete saltarla).
Nel Tempo dei sogni, quando gli spiriti ancestrali dovevano decidere i totem, tutte le specie di animali tennero consiglio.
I primi furono gli uccelli, che decisero di invitare al loro consesso l’ornitorinco poiché aveva il becco come il papero e deponeva le uova. L’ornitorinco ringraziò e prese tempo per pensare.
Quando gli animali di terra si incontrarono tra loro il canguro propose di invitare l’ornitorinco, poiché abitava sulla terraferma ed aveva la pelliccia. L’ornitorinco ringraziò e prese tempo per pensare.
Infine anche i pesci si riunirono ed invitarono anche loro l’ornitorinco poiché aveva le pinne ai piedi e nuotava incredibilmente bene. L’ornitorinco, stupito da quest’ennesima richiesta, prese di nuovo tempo.
Si consigliò a questo punto con l’amico echidna (ricordate? Anche lui dei monotremi) che gli consigliò di non unirsi ad alcuno dei tre gruppi. L’ornitorinco accettò il consiglio, invitò tutti gli animali e comunicò loro la sua decisione: “Comprendo gli uccelli poiché, come loro, devo tener calde le mie uova. Comprendo i pesci poiché anche io devo cercare il mio cibo nelle profondità delle acque. Sono vicino agli animali della terra poiché anche io appartengo alla terrà ed ho una pelliccia. Tuttavia sono grato a Byamee, il Padre-di-tutto, perché mi ha fatto un po’ diverso da tutti voi. Spero perciò che quando incontrerete qualcuno della mia famiglia vi ricordiate del Padre che ha fatto ognuno di noi diverso dall’altro”.
Gli aborigeni, che a quell’epoca erano in comunicazione con i loro animali-totem, conobbero le parole dell’ornitorinco e capirono la sua unicità.
Come ho già detto a suo tempo, qui hanno gli animali più strani del mondo (a parte me, ovvio). Tipo la tartaruga-giraffa e il pesce-gatto (che però avevo già visto in altre occasioni):
Andando avanti abbiamo visto aragoste giganti, pinguini nani, foche, tutti i pesci del cartone animato “Alla ricerca di Nemo”.
Non ci crederete, ma Flo (l’amica che parte con Marlin alla ricerca di Nemo), l’hanno fatta uguale, anche come nuota….
Ovviamente non potevano mancare gli squali e il pesce che si arrabbia quando viene fotografato (qui lo vedete mentre cerca di strappare la macchina fotografica a Santi).
Usciti dall’acquario, siamo stati calamitati dall’IMAX, cinema tridimensionale. Per le 16 è prevista la proiezione di Bewolf in 3D. Gli altri film sono poco attraenti. Il tempo non è dei migliori e quindi compriamo il biglietto.
Poi ci dirigiamo verso il Mercato del Pesce, poiché Alessandra ci chiede fish’n’chip da tre giorni. Io e Santi ci guardiamo: “Stavolta non ci facciamo imbrogliare: ordiniamo quattro fish e due chip”. Non perché nel fish’n’chip mettano poco pesce, ma perché le patate sono comunque sempre il doppio o il triplo in peso.
Arriviamo al Mercato e giriamo intorno per 10 minuti prima di trovare l’ingresso. Vi sono dei magazzini colossali (quelli in cui la Guida dice che si svolga l’asta del pesce all’alba: l’alba è troppo presto per arrivare qua) ed una specie di corte di negozi di pesce e ristoranti che circondano l’ingresso vero e proprio del mercato spicciolo. Qui ogni sala è un negozio di pesce ed in ogni negozio ti cucinano il pesce che compri un po’ come ti pare. All’interno ci sono anche il negozio di frutta e verdura e quello di vini bianchi. La parte aperta al pubblico non è colossale, saranno 10-20 negozi all’interno (più altri 10-15 nella corte) ma c’è una varietà incredibile di pesce. In alcuni posti vediamo le aragoste a 25 AUD al chilo.
Dopo un po’ di indecisione, vediamo passare dei piatti di pesce colossali e risaliamo il flusso come salmoni per trovare l’origine. E’ un banco un po’ più grande degli altri letteralmente assediato di gente ma organizzato benissimo: ordini e ti danno un numero. Una ragazza alla cassa chiama i numeri con il microfono a guancia e quello che sembra il padrone riscuote e dà i resti.
Alessandra vuole un semplice fish’n’chip (naturalmente per il fish puoi scegliere tra snapper, barramundi, baccalà e sogliola) con lo snapper. Io e Santi decidiamo per il piatto fritto per due. Purtroppo le patate sono comprese. Ci danno un misto abbastanza decente: vari pezzetti di pesce fritto (misti), polpa di granchio, calamari e gamberoni in pastella, polipetti in umido, cappesante gratinate, ostriche gratinate.
Buono ma ci aspettavamo qualcosa di diverso. Santi dice che avrebbe voluto un piatto fatto diversamente e Gianni ha l’idea geniale (e in quello non ci sarebbe niente di male, il male è che gli altri non lo bloccano): facciamoci fare un piatto come vogliamo noi.
Gianni e Santi vanno ad ordinare: Santi sceglie e Gianni parla nel suo inglese con una signorina dai tratti orientali che parla australiano. “Vorrei un piatto con questo e questo (pezzetti di pesce, polpa di granchio, calamari e gamberoni fritti)”. “Quanto?” chiede lei. “Sei pezzi di ciascuno” risponde Gianni.
Ora, Santi conferma che Gianni ha detto le cose giuste. Di fatto insieme al resto ci sono anche i polipetti in umido ma tutto è in proporzioni più che doppie di quelle richieste.

Questo piccolo piatto di pesce (sarà almeno un chilo di roba) ci è costato 39 AUD (che credo faccia un po’ meno di 25 euro). Ci siamo fatti aiutare da Alessandra ed abbiamo finito tutto. Poi siamo rotolati fino in centro, giusto per fare un po’ di moto.
In centro c’è una fantastica libreria di fantascienza/fantasy e ci siamo fiondati. Hanno di tutto e di più: le spade laser di Star Wars, i DVD di Astroboy e di Doctor Who, tutti i libri di Star Trek, libri che narrano le storie al contorno di Diablo (il gioco elettronico).
Guardando a caso qua e là ad un certo punto ho visto un titolo… Dirk Gently Omnibus. Ebbene sì, ho finalmente trovato un libro che contiene anche il secondo romanzo del fantastico investigatore creato dal genio di Douglas Adams (quello della Guida Galattica, ve lo ricordate? No? Strano, in Australia, le tre volte che l’ho nominato, lo conoscevano tutti. Lo dicevo io che è un paese civile).
Comunque fatto sta che ora possiedo un libro che oltre a Dirk Gently, investigatore olistico, contiente anche The long dark tea-time of the soul. Se foste romani mi direste “E ‘sti cazzi” (che in italiano può essere tradotto con “non ce ne interessa alcunché”. Epperò io lo cercavo da troppissimo tempo. Speriamo di farcela per Adams in inglese è un osso duro (anche perché per ogni frase ci sono due giochi di parole ed una citazione).
Arriviamo al cinema almeno un’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Bella mossa perché dopo venti minuti la gente inizia a mettersi in fila.
Il film è davvero in 3D (ovviamente con appositi occhialetti) e devo dire che non mi è neanche dispiaciuto, sia per trama che per cast. Se non fosse per l’inutile attore che interpreta il protagonista (ma credo che non sia un cane, è che l’hanno disegnato così), potrebbe essere un gran film.
Scherzi a parte: l’inglese di questo film si capisce abbastanza bene (a parte il mostro che, giustamente, ha un dialetto un po’ tutto suo) ed il 3D è una cosa fenomenale. Tra i trailer presentavano il concerto degli U2 in 3D: evento o rebus?
Arrivati a casa, siamo talmente pieni dal pranzo che saltiamo la cena. Solo una fetta di melone per Gianni e Santi e del cioccolato per Alessandra.




sabato 5 gennaio 2008

Rocks e Harbourside

Oggi giornata tranquilla: stamani pioveva e quindi ce la siamo presa comoda.
Una passeggiata per i Rocks, dove abbiamo visto il mercatino domenicale. Alcune cose strane ma niente di particolarmente interessante (la guida ci aveva avvertito).
Poi traghetto per andare verso l’Harbourside. In realtà la nostra prima idea era quella di andare all’acquario, ma era già tardi e volevamo anche pranzare, quindi abbiamo cambiato destinazione.
Ci vuole più a farla in traghetto che a piedi ma, come già ci avevano detto in molti, la prospettiva d’acqua è diversa da quella di terra e noi ci siamo adeguati.
L’Harbourside è una specie di centro commerciale in mezzo alla baia, con l’esterno in ferro e vetro, vecchio stile tipo esposizione universale. Mangiamo, sempre su consiglio della guida (quando dico guida, intendo la nostra Lonely Planet per l’Australia), allo Zaaffran, ristorante indiano.
Il ristorante è lussuoso. Forse un po’ troppo per gente vestita come noi ma ci fanno comunque entrare (dentro ci sono australiani vestiti anche peggio).
Il pranzo si fa attendere un po’ (il cameriere ci aveva avvertito), ma è una sinfonia di sapori. Salsine delicate alla cannella, piccanti alla menta, ultrapiccanti al curry. Mangiamo pollo e, forse, manzo (non ci ricordiamo cosa abbiamo ordinato ma ci è arrivato un pie pieno di riso e spezzatino dal sapore fantastico).
Qui il piccante piace anche ad Alessandra. “Perché è un piccante pieno di sapori”, spiega. Ed ha ragione. Ok, la prossima volta indiano anche a Firenze: dobbiamo confrontare.
Davanti all’Harbourside c’è il museo navale, con tanto di nave da guerra, sommergibile da guerra e ricostruzione dell’Endeavour, la nave che portò in Australia il capitano Cook.
Il museo è tutto a vetri ed Alessandra fotografa il muro di grattacieli che la città erge come scudo verso questa parte di baia.

Come dite? Belle, ma si vede il riflesso? Non ci siamo capiti: Alessandra ha fotografato il riflesso dei grattacieli sui vetri.
Poiché ormai si è fatto tardi passeggiamo fino al centro, prendiamo 2 cose al supermercato e torniamo a casa (Santi deve finire il suo homework per le vacanze).

APPELLO CIRCOLARE

QUESTO APPELLO È DELLA MASSIMA IMPORTANZA, DATEGLI QUINDI LA MASSIMA DIFFUSIONE: CHI VUOLE UNA CARTOLINA LASCI NOME E INDIRIZZO COME COMMENTO A QUESTO POST. MI RACCOMANDO, AVETE TEMPO FINO AL MASSIMO A LUNEDÌ 7 (PERCHÉ NOI SIAMO UN GIORNO AVANTI).

P.S. QUESTO NON VALE PER JIGEN E PER EUPOLIS, CHE SONO GIÀ STATI CONTEGGIATI. MICHI, PREMPA, LASCIATEMI IL VOSTRO INDIRIZZO!!!!

Mattina

Stamani piove, ma finalmente riusciamo a parlare in maniera sensata con mamma Gisella. Ieri sera avevamo provato a chiamare babbo Marino, ma non era a casa (e non ci siamo troppo stupiti).

Qui la connessione non è delle migliori e non riesco a fare l’upload delle foto. Cercherò di metterle quando torno a casa.