venerdì 4 gennaio 2008

Sydney e riflessioni (o viceversa)

Stamattina siamo partiti presto. Peter e Julie, gentili come sempre, ci hanno accompagnato all’aeroporto.

Lo scambio casa fatto come abbiamo fatto con loro è un gran modo di viaggiare. Negli altri scambi è stato quasi come andare in albergo (senza pagare in effetti, ma in un posto che forse non è il più vicino a dove pensavi tu): arrivi, stai, vai via.

Con Peter e Julie è stato diverso: loro sono stati da noi a Firenze e quindi hanno voluto ricambiare l’ospitalità stando con noi a Palm Beach ed è stato fantastico: abbiamo cercato di capire come vivono loro qui e loro hanno cercato di capire come viviamo noi dall’altra parte dell’oceano.

Siamo agli antipodi non solo geograficamente, ma anche come modo di vivere e di pensare.

Ad esempio, in Italia, quando conosci qualcuno fuori dall’ambito professionale che fai? Un bacio per guancia e via. Qua no!!! Julie incoraggiava gli amici ad adattarsi alla maniera italiana ma si vedeva che qualcuno era reticente (come lo è stato oggi Geoff che ha detto ha Santi: “No! Non importa, grazie”).

Quando hanno saputo che Santi deve fare un esercizio durante le vacanze di Natale si sono stupiti: qui non danno compiti durante le vacanze. E’ anche vero che le vacanze sono spicciolate rispetto alle nostre (ovvero non ci sono mai tre mesi tutti insieme), ma di fatto non ci sono compiti. Il fatto che io, in prima superiore, avessi dovuto leggere 14 libri durante l’estate ha così impressionato Julie che lo ha raccontato anche al figlio e agli amici.

Il modo con cui si relazionano al cibo è diverso: ampia colazione, pranzo leggero e cena come le nostra. Non si dà troppo peso agli ingredienti, basta che il sapore sia quello giusto.

Riflettevo su questo l’altra sera in chat con Emanuele: qui hanno spazi enormi e tutto si dilata di conseguenza. Il tempo, i punti di vista, la cortesia.

Una cosa che mi ha fatto riflettere: sulla Gold Cost (un posto di mare che più non si può), le palestre aprono alle 5 di mattina e Julie alle 5.30 va in palestra, torna a casa, prepara la colazione e fa colazione e poi va al lavoro.

Ale le ha ribattuto: “Da noi ci vanno tutti la sera in palestra”. E Julie serafica: “Sì, ma la sera sono stanca per il lavoro e non ci metterei lo stesso impegno”.

A volte penso che siamo noi che sbagliamo.

Non è tutto oro, da questa parte del mare, è ovvio. Ad esempio le case costano un botto (anche un botto e mezzo talvolta). Mi direte: anche da noi. Ok, ma qui molto di più. Una casa in un paesino costa quanto una in centro a Firenze. Non voglio sapere quanto costano quelle nel centro di Sydney (anche perché se poi scopro che costano meno, mi crollano tutte le certezze).

L’Australia, tutta intera, ha 25-26 milioni di abitanti. Vero, stanno quasi tutti sulla costa, ma fatevi un conto di quanta costa hanno… Noi stiamo in quasi 60 milioni su un lembo di terra grosso quanto uno stivale. Per forza il modo di pensare è diverso.

Sydney ha 2 milioni di abitanti. Credo che Milano ne abbia la stessa quantità se non di più. Però stasera nel tornare a casa (zona 3 dell’abbonamento dell’autobus, non fuori città), ci siamo accorti che stiamo praticamente in campagna.

Comunque, torniamo a Sydney, che è più importante.

All’aeroporto ci ha accolto Geoff, che è venuto a prenderci con un pick-up (che qui chiamano ULE) perché non si sa mai con le valige…

Ci ha dato un mazzo di volantini ed il giornale di oggi (perché domani comincia il festival estivo di Sydney). Ha fatto un lungo giro panoramico in macchina spiegando cosa dovevamo andare a vedere, dove prendere il bus, fino a dove arrivare nel caso avessimo deciso di prendere l’automobile di sua moglie, dove fare la spesa, la piscina, i ristoranti.

Ci hanno lasciato a casa e ci hanno spiegato tutto. Torneranno a prenderci il 10 gennaio per portarci all’aeroporto. Quando gli ho detto che tutti gli australiani che ho incontrato sono persone meravigliose e gentilissime mi ha risposto: “Perché no? La vita in fondo è così breve”.

La casa è più piccola delle altre ma è fantastica: siamo sulla baia di Sydney. Non in senso figurato: la casa da proprio sulla baia. Sotto casa sono parcheggiati i battelli e volendo si può andare a piedi sulle anse del Paramatta.

Sugli alberi davanti casa ci sono Cokatoa bianchi (che al tramonto fanno una gran confusione, per l’alba vi saprò dire poi), corvi alti quasi quanto un pastore tedesco e altri uccelli che non identifico.

Le finestre non hanno tende, si scusa Geoff ed aggiunge: “Ma con un panorama così, che me ne faccio delle tende?” E non gli so dare torto. La vista di sera è quasi più bella di quella di giorno. Ti accorgi delle case fra gli alberi giusto dalle luci accese ed il panorama cambia da bosco a paese costiero (forse esagero un po’, ma vi assicuro che la prima impressione è questa).

Appena i padroni di casa ci lasciano, usciamo per andare a Sydney. Tra l’altro ci hanno lasciato un quaderno con tutte le istruzioni possibili ed immaginabili (compresa la lista dei ristoranti che a loro sono piaciuti di più e gli orari degli autobus).

L’autobus passa sull’Harbour Bridge (il ponte sulla baia) ed è uno spettacolo: si vede l’Opera House da quassù ed è bella come nei film.

Scendiamo in pieno centro: la City (lo so, forse hanno copiato un po’ Londra ma che ci possiamo fare?). Ci sono grattacieli dappertutto. Più alta di ogni altra cosa è la torre panoramica.

Girato un angolo una sorpresa:: un edificio in stile vittoriano (che infatti si chiama Queen Victoria Building) che a prima vista sembra una stazione ma si rivela invece essere un fantastico centro commerciale (sempre due isolati, naturalmente, collegati tipo Galleria del Vasari). Mangiamo nel seminterrato, dove troviamo la più grande raccolta di take-away che io abbia mai visto. A parte i panini tipo McDonald ed il Fish’n’Chip, che non potevano mancare, c’è di tutto: pastasciutta in porzioni nei negozi italiani, kebab in ogni salsa in quelli arabi, crepes alla francese, sushi giapponese, arancini siciliani, piadine venete, negozi di ciambelle, caffetterie, pizzerie. Forse mancano solo i venditori di trippa e lampredotto (o di pane e panelle e pane ca’ meusa se preferite).

C’è una confusione indescrivibile fra i tavoli: dobbiamo urlare per farci sentire. Per avere un’idea della cosa, figuratevi uno spazio grande quanto un campo da calcio riempito di persone in pausa pranzo che mangiano e chiacchierano.

Usciamo, ci facciamo un giro da Billabong e, mentre la commessa ci attacca un bottone infinito, Santi si compra costume e pantaloncini a saldo (certo, qui non c’è mica la befana: i saldi iniziano subito dopo Natale).

Il municipio è anch’esso un edificio in stile 800 e la cattedrale accanto è barocca. Tutto intorno ci sono i grattacieli.

Ad un supermercato (siamo entrati per comprare da bere) ho trovato il Chinotto Bisleri. Ve la ricordate la Ferrochina o siete troppo giovani? Incredibile ma la Bisleri qui resiste.







Ci incamminiamo verso il mare, fino ad arrivare al Circolar Quay. Non so cosa sia un quay, ma so che ce ne sono tanti a Parigi, quindi chiedete ai francesi. Sicuramente questo è solo semi-circolare, perché nell’altra metà del cerchio c’è la baia di Sydney. Inutile dire che da qui si possono vedere contemporaneamente il ponte ed il teatro dell’opera.


Da qui si riesce a dare anche uno sguardo interessante alla baia. Come tutto il resto in questo paese, è immensa: una fila di battelli e ferry boat sono attraccati ai vari moli del Circular Quay e vi è un traffico continuo in ingresso ed in uscita. E siamo solo in un ansa della baia. Davanti a casa (altra ansa più piccola) sono parcheggiate una ventina di barchette.

Alessandra fa milioni di foto al Ponte ed al Teatro, che in effetti è spettacolare, visto in questo contesto.

Ci facciamo un giro sotto il Ponte e sul belvedere del pilone. La vista è emozionante (sto finendo gli aggettivi). Si potrebbe fare anche la passeggiata sulle arcate del ponte (con tutina e cavi di sicurezza) ma costa 220 AUD (che sarebbe circa 150 € per uno) e quindi ci stiamo pensando.

Dal Ponte si vedono i Rocks, un antico quartiere dell’800 che visiteremo meglio nei prossimi giorni.

Si vede anche un palazzo dalle strane geometrie: a prima occhiata sembra bidimensionale, poi pare che la facciata sia posticcia.

Ci avviciniamo al Teatro dell’Opera. Sul Circular Quay, davanti al teatro, ci sono caffetterie con centinaia di persone, di ogni età e vestiti in ogni modo, che prendono l’aperitivo. L’apparenza del teatro cambia, avvicinandosi: da lontano i tetti possono sembrare vele. Da qui, vedendo anche il vetro, sembrano balene con la bocca aperta o enormi chiocciole.




Torniamo a casa sfruttando il fantastico pass che ci siamo comprati: tutti i treni, ferry e bus nelle zone da 1 a 8.

Prendiamo il treno al teatro, andiamo in centro e riprendiamo il bus. Scendiamo al supermercato di Lane Cove, ma non ci rendiamo conto che l’autobus che ci ha lasciato qui, non si ferma più a questa fermata e non sappiamo dove sia l’altra.

Quando usciamo ci rendiamo conto che l’altro autobus non passerà prima di un’ora e quindi decidiamo di andare a piedi. Ce la caviamo in circa 25 minuti.

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