giovedì 3 gennaio 2008

Animali, cibo e pioggia

Ieri il tempo era piuttosto buono e ce ne siamo andati al Currumbine Sanctuary, una specie di parco naturale ad un passo dalla città con animali praticamente liberi di girare (tranne per i più pericolosi, tipo i serpenti). Qui gli animali sembrano ben nutriti ed in buone condizioni, non come a Kuranda, dove sia koala che canguri avevano l’aspetto sofferente e spelacchiato.
Prima attrazione appena arriviamo: lorrikeet feeding ovvero la colazione dei pappagallini. Alessandra, che teme gli animali, non si presta. Io e Santi sì. E’ presto e non ci sono molti turisti in giro, quindi tutti i pappagallini sono per noi. Ci danno una ciotola (sembra latte e miele dall’aspetto) e veniamo sommersi, come si vede dalle foto.

Mentre aspettiamo che inizi la prossima attrazione ci facciamo un giro tra gli animali più visitati. Serpenti e koala. Ovviamente il 97% dei koala dorme. Solo uno è sveglio e attivo, ma solo per pochi minuti.


Andiamo poi a vedere la colazione di pellicani ed anguille (stanno cominciando ad arrivare i turisti, quindi è più difficile far foto) e quella dell’echidna.

Dunque, l’echidna è un animale dei monotremi (come l’ornitorinco, che qui chiamano platypus), ovvero fa le uova e allatta i piccoli. Dal musetto da formichiere può estendere una lingua di una quindicina di centimetri che può muovere in tutte le direzioni una ventina di volte al secondo (prego i lettori di risparmiarsi facili ironie). Si ciba per lo più di termiti che trova nel legno degli alberi caduti.

Il prossimo spettacolo è quello dei serpenti. Niente di speciale però ti spiegano cosa devi fare se incontri uno dei dieci serpenti di terra più mortali del mondo: stare immobile. Pare infatti che il serpente possa vederti e registrarti come un pericolo solo se ti stai muovendo. In caso di morso si deve fasciare a valle della parte morsa in modo che il veleno non possa entrare in circolazione e restare immobili (se siamo con qualcuno che ci può portare all’ospedale, sennò è meglio andare in cerca di qualcuno).

La ranger raccomanda di non cercare di catturare il serpente per far capire all’ospedale quale antidoto utilizzare: possono rendersene conto da soli analizzando ferita e veleno.

Finito lo spettacolo andiamo in giro a vedere gli animali. Canguri ed emu sono nella stessa zona e vengono nutriti ad orari predefiniti. I canguri sono piuttosto socievoli e si prestano alle coccole. Nel momento in cui arriviamo noi sono piuttosto sonnolenti perché le ora di attività, come sempre sono quelle più fresche (alba e tramonto).

Andando più avanti ci troviamo davanti al coccodrillo di mare. Finora avevamo visto solo coccodrilli di fiume (e sempre in recinti o da molto lontano) ed erano grossi ma niente di speciale. Questo è semplicemente ENORME (ed in un recinto, ovvio). Potrebbe fare un boccone solo di uno wallabi adulto (poco più piccolo di un canguro) però potrebbe mangiarsi anche un umano adulto di un quintale con due bocconi (e Gianni passa alla larga).

Subito dopo il coccodrillo ci imbattiamo in alcune persone che si stanno cimentando in una specie di percorso tra gli alberi (ponti sospesi, cavi, etc).

Ok. Lo vogliamo fare anche noi. Oddio, io non sono così sicuro, ma mica posso lasciare Santi da solo. Ci imbracano e ci fanno vedere un video su cosa dobbiamo fare.

Al primo albero c’è una scaletta. Facile. Parte Santi, faccio passare avanti un bambino che sembra sapere il fatto suo e poi vado anche io. Non andiamo bene: per raggiungere la piattaforma seguente si deve camminare su un cavo Santi sembra in difficoltà (scoprirò solo alla fine che aveva le scarpe con il cuoio sotto e scivolava) ed io ho le vertigini sulla piattaforma. Decido di seguire la tecnica utilizzata dal bambino prima di me. Tutto ok. Alla seconda piattaforma il bambino prende un guanto. La ranger che è sotto di noi lo prende, mi guarda e mi dice: “Te lo lancio, daglielo tu”. Oh, un attimo: 1) il bambino non è mio; 2) sono in piedi su questa piattaforma per miracolo, mi tremano le ginocchia, ho le vertigini e tu vuoi che faccia lo sforzo di prendere un guanto?

Non so tradurre tutto questo in inglese ed il guanto è già in volo. Lo afferro (ottimo lancio, in realtà) e proseguo. La seconda passerella è un ponte con due corde parallele ed un piolo di tanto in tanto. Il ragazzino cammina con tranquillità su una delle due corde del ponte. La mia ponderosità non me lo consente e quindi annaspo cercando di allungare le gambe da un piolo all’altro e nel frattempo mi chiedo: ma chi me lo ha fatto fare? Alessandra nel frattempo è a terra che se la ride beata e fa i filmini con la macchina fotografica. Santi è avanti di almeno due alberi.

Rendo il guanto al ragazzino che mi ha aiutato facendo il tifo mentre passavo tra due pioli particolarmente distanti. La passerella seguente ha delle altalene sospese a mezz’aria (oh, in tutto questo sono sempre agganciato ad un filo di sostegno).

Finalmente arriva la parte facile: sono sospeso ad un filo con due corde ed una carrucola e mi devo trascinare dall’altro lato a forza di braccia (giuro che, rispetto al resto, è stato uno scherzo). Poi un ponte di funi. Infine la Flying Fox. “Dai”, mi incoraggia il ragazzino “Questa è la parte divertente”.

Fin qui siamo saliti. Adesso mi devo riattaccare con la carrucola alla fune e lanciarmi giù per un cavo in discesa. Beh, di qualcosa si deve morire no?

Sono arrivato comunque sano e salvo. Una volta atterrato scopro che anche Santi, che a me sembrava andare alla grande, ha avuto qualche momento critico.

Alessandra commenta: “Se avessi avuto le scarpe da ginnastica e non gli infradito l’avrei fatto anche io”. Dobbiamo crederle?

Più avanti troviamo i canguri degli alberi. Sono una specie di scoiattoli in formato gigante e danno l’impressione di essere morbidissimi.


Nella stessa zona ci sono anche i Cassowari (che per come lo pronunciano i locali e per l’aspetto incazzoso, Santi ha rinomato i “Cazzo guardi?”). Attendevamo di vederne uno fin da Cairns. Finalmente ce l’abbiamo fatta.


In ampie voliere sono custoditi i Cokatua (o cacatua): pappagalli col ciuffo dall’aspetto maestoso e dai colori bellissimi.

Dei vombati vediamo solo il musino spuntare da una tana. Del diavolo della tasmania neanche quello perché è attivo solo di notte. I cartelli informativi dicono che copre da solo una buona metà della catena alimentare: può mangiare dal verme al canguro. Ma allora la Warner Bros aveva ragione…

I dingo, o cani della prateria, sono animali ormai considerati feroci. Secondo i cartelli informativi hanno avuto il grande merito di sterminare l’80% dei conigli selvatici.

Ormai è definitivo: qui hanno gli animali più strani del mondo. Ed anche i nomi che gli danno non aiutano: ve lo immaginate voi il “Papero che vagabonda fischiettando?”. Allora guardate la foto.

Dopo pranzo, esibizione degli uccelli predatori: aquila, una specie di civetta che mi è parso chiamassero bunyp (che però è un mostro del fango di alcune tradizioni aborigene), pappagalli, ed altri.

Infine le danze aborigene. I danzatori non sembravano molto aborigeni all’apparenza ma il suonatore di didjeridoo (strumento tipico) era fantastico.

Siamo stati riaccompagnati a casa dagli amici di Peter e Julie che verranno in Italia a Luglio e che hanno modificato il loro piano di viaggio dopo che gli abbiamo fatto vedere alcuni siti italiani e che volevano ringraziarci (gli australiani sono gente fantastica).

Peter e Julie ci hanno infine portato a cena al ristorante giapponese Shogun a mangiare il Teppanyaki. La parola significa “cucina alla piastra”, un altro tipo di barbecue, praticamente, ma la vera sorpresa stava nello spettacolo. Eravamo seduti attorno al cuoco che, oltre a fare il giocoliere con coltello e forchettone, ogni tanto ci imboccava “al volo” con pezzetti di frittata o prendeva la saliera al volo con il cappello.

Uno spettacolo entusiasmante (che credo facciano da qualche parte anche in Italia ma che io non avevo mai visto) ed una cucina molto buona.

Vi proponiamo una foto dei nostri amici, con uno dei tre figli: David.

Oggi avremmo voluto andare ad un parco di divertimenti (da queste parti abbondano) ma pioveva troppo e abbiamo rinunciato. Stamani abbiamo fatto il bucato e siamo andati a fare la spesa. Peter e Julie hanno infatti chiesto ad Alessandra di fare la bruschetta per pranzo. Visto che non si fa niente, abbiamo detto, proviamo anche a fare qualcosa di italiano per cena. Cosa meglio della pizza, dato che Santi non mangia pasta?

La bruschetta, fatta sia nella versione con il pomodoro che in quella con i fagioli e l’aglio strusciato sul pane, ha riscosso un enorme successo (e pensare che al pensiero dei fagioli gli australiani avevano sgranato tanto d’occhi).

Dopo pranzo, una passeggiata digestiva. Arrivati però a metà percorso (ovvero nel punto più lontano dalla macchina) si sia messo a piovere di brutto. Tornati alla macchina Gianni e Peter si sono levati la maglietta e l’hanno strizzata. Le ragazze si sono limitate ad avvolgersi in un asciugamano.

Tornati a casa, via con la pizza. Qui il lievito di birra non esiste, quindi ci siamo dovuti adattare a quello secco e questo ha dato alla pasta una consistenza che non mi è piaciuta molto. Loro sono rimasti entusiasti ma siamo d’accordo che quando torneranno in Italia nel 2010, faremo loro assaggiare la pizza fatta in casa con i nostri ingredienti.

Ed ora a letto, perché domattina si parte alle 7.20 per Melbourne. Per fortuna l’aeroporto è a 10 minuti da casa, così si parte alle 6.10.

Ci dispiace un po’ lasciare Peter e Julie perché sono stati incredibilmente gentili ed ospitali. Dall’altro lato siamo curiosissimi di vivere una settimana in una grande città.

1 commento:

Unknown ha detto...

ciao ragazzi...scusate per il ritardo...ma TANTI AUGURIIII...
è bello vedere che siete un pò tarzan un pò Robinson Crusoe (soprattutto Gianni nel video in cui cerca di sfamare quell'uccellone...che era?...cormorano?) cmq...è bello leggere di voi...un bacione immenso